Un colpo di scena mette in pausa i sogni di Musk: la responsabilità è tutta del presidente Donald Trump
L’aria era carica di aspettative. Elon Musk aveva promesso che, entro la fine dell’anno, i suoi robot umanoidi Optimus sarebbero usciti in massa dalle fabbriche Tesla. L’idea era chiara: automi bipedi pronti a rivoluzionare case e industrie, una vera armata tecnologica. Ma qualcosa si è messo di traverso. E non parliamo di problemi tecnici o di sviluppo: questa volta la partita si gioca tra Stati Uniti e Cina, con una guerra commerciale che rischia di mettere i bastoni tra le ruote al progetto più ambizioso di Musk. Il clima si è fatto teso dopo le nuove tariffe volute dal presidente Trump sui prodotti cinesi. E la risposta di Pechino non si è fatta attendere: una mossa che, di fatto, può congelare la produzione dei robot Tesla. A questo punto, la domanda non è più “quando arriveranno gli Optimus?”, ma “riusciranno davvero a vedere la luce?”. E la risposta non è affatto scontata.
Donald Trump, un brutto scherzo a Elon Musk
Il 4 aprile, il Ministero del Commercio cinese ha imposto limiti severi all’esportazione di sette elementi rari e dei magneti che ne derivano. Una scelta che sembra una risposta diretta alle tariffe doganali americane. E qui la questione si fa seria: la Cina controlla oltre il 60% della produzione mondiale di terre rare e quasi tutta la raffinazione. Parliamo di materiali come samario, gadolinio, terbio, disprosio, lutezio, scandio e ittrio. Nomi che dicono poco al grande pubblico, ma sono fondamentali per elettronica, energie rinnovabili e difesa. E, soprattutto, per i motori dei robot Optimus.
Durante l’ultima conference call di Tesla, Musk è stato chiaro: la produzione dei robot sta subendo rallentamenti per colpa di queste nuove regole. Ora, per spedire negli Stati Uniti questi minerali e i magneti, le aziende devono ottenere una licenza speciale dal governo cinese. E la Cina vuole garanzie: i magneti destinati a Tesla non dovranno mai finire in applicazioni militari. Musk ha assicurato che serviranno solo per gli attuatori di Optimus, cioè i componenti che danno movimento ai robot. Ma le autorizzazioni tardano ad arrivare e la tabella di marcia rischia di saltare.
Il piano originale prevedeva migliaia di Optimus pronti entro l’anno. Adesso, invece, tutto è fermo. Musk stesso lo ammette: prevedere i prossimi passi è “totalmente impossibile”. E non è solo una questione di burocrazia. Il progetto Optimus è una sfida tecnica senza precedenti: ogni robot è fatto da circa 10.000 pezzi unici, molti dei quali non hanno ancora una filiera produttiva consolidata. Un vero rompicapo logistico. Come ha detto Musk, “un nuovo prodotto complesso avanza alla velocità del suo componente più lento e sfortunato”.
A rendere il quadro ancora più complicato ci sono i dati del Centre for Strategic and International Studies: tra il 2020 e il 2023, gli Stati Uniti hanno importato dalla Cina il 70% delle terre rare usate in settori chiave, dalla difesa all’alta tecnologia. Questi minerali servono per tutto: dai caccia F-35 ai droni, passando per laser, radar e turbine eoliche. Le nuove restrizioni, quindi, non colpiscono solo Tesla, ma rischiano di rallentare l’intera industria americana.
Il risultato? Una corsa a ostacoli che mette in dubbio la rivoluzione promessa da Musk. La guerra commerciale, questa volta, ha fatto davvero lo sgambetto al suo esercito di robot.