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Scooter

Quella volta che Piaggio si clonò la Vespa da sola: il modello della discordia

Un’erede che doveva aprire il futuro, ma che finì per dividere i vespisti: un modello discusso, che resta un capitolo a sé.

Quando Piaggio decise di presentare la Cosa, l’idea era chiara: segnare un nuovo punto di svolta nella sua storia. Doveva essere l’erede diretta della Vespa, ma con uno sguardo rivolto in avanti, capace di rappresentare l’inizio di una nuova generazione di scooter. Le aspettative non mancavano, anzi: si parlava di rivoluzione. In realtà, quella che arrivò fu una proposta che lasciò più dubbi che entusiasmi.

Piaggio si clonò la Vespa nextmoto.it

Il nome stesso fu una scelta precisa. Non più la sigla Vespa R (dove la “R” avrebbe indicato “Rinnovata”), ma un termine comune, sulla stessa linea dei ciclomotori della Casa come Ciao o Sì. Al debutto, però, l’effetto non fu quello sperato. Gli appassionati riconobbero subito troppe somiglianze col passato. Dietro un design che provava a staccarsi dalle forme storiche, la sostanza richiamava ancora l’impostazione della Vespa. Non un vero salto nel futuro, ma piuttosto un raccordo forzato con quanto già noto.

Piaggio Cosa: erede scomoda della Vespa

A ben guardare, però, la Cosa non mancava di soluzioni interessanti. Anzi, sotto la carrozzeria in lamiera d’acciaio rivista con plastiche moderne, nascondeva novità significative. Piaggio aveva lavorato soprattutto su due aspetti storicamente critici per la Vespa: freni e sospensioni. Con la Cosa arrivarono un impianto idraulico integrale e una sospensione anteriore a biscotto oscillante con schema a ruota tirata, entrambe soluzioni che portarono un sensibile miglioramento nella guida quotidiana.

L’impostazione tecnica rimaneva però fedele alle origini. Il motore era il classico Piaggio a due tempi, rivisto nei dettagli ma dotato sempre di raffreddamento ad aria forzata. La trasmissione restava a quattro marce, compatta ed efficace.

La proposta commerciale fu ampia, con versioni da 125, 150 e 200 cc. Nel 1991 arrivò anche la “Nuova Cosa”: alcune correzioni estetiche, sella più comoda, fanale ridisegnato e un cambio migliorato. Ma il vero passo avanti fu l’introduzione, come optional, di un sistema antibloccaggio EBC, un’anticipazione dei concetti di sicurezza che solo anni dopo sarebbero diventati comuni nel mondo scooter.

Alla prova del mercato, la risposta fu tiepida. Non un flop, ma nemmeno il successo che Piaggio si aspettava. Le vendite si assestarono su numeri discreti e la produzione proseguì senza entusiasmi. Uno scooter pensato per sostituire la Vespa finì per sembrare una sua versione corretta, migliorata, ma mai davvero nuova. Forse è proprio questo che lo rende, ancora oggi, il modello della discordia nella lunga storia della casa di Pontedera.