Un’auto con il nome Vespa? Sì, è successo davvero. Ma la storia non è finita come ci si poteva aspettare.
Chi pensa a Piaggio vede subito la Vespa, magari l’Ape. Eppure, in un periodo in cui l’Italia dei motori sembrava non avere limiti, anche a Pontedera qualcuno ha provato a cambiare le regole. Negli anni Cinquanta, mentre le due ruote dominavano le strade, Piaggio ha deciso di tentare l’avventura dell’auto.
Non una semplice utilitaria, ma una citycar compatta, pensata per chi voleva muoversi in città senza rinunciare a un tocco di originalità. Dietro questa scelta c’era la voglia di portare il marchio oltre i confini delle moto. Rinaldo Piaggio, il patron, vedeva nella quattro ruote una sfida da cogliere al volo.
L’auto Piaggio, un flop totale
Dopo studi e progetti, è nata la ACMA Vespa 400. Un nome che dice già tutto: Vespa, ma con quattro ruote. La produzione? Non in Italia, ma in Francia, a Fourchambault, grazie alla consociata ACMA. Un dettaglio che, già allora, faceva discutere.
Le versioni erano tre: Luxe, Tourisme e GT. Tutte accomunate da dimensioni ridotte e da un motore che, più che da auto, sembrava preso in prestito da uno scooter: monocilindrico, due tempi, 13 cavalli. Una scelta tecnica che oggi farebbe sorridere, ma che all’epoca voleva dire semplicità e costi contenuti.
E poi, qualche soluzione interessante: tettuccio apribile, riscaldamento interno (mica scontato negli anni Cinquanta), fari grandi e rotondi che davano carattere al frontale. Il cambio? Tre marce più la retro. Insomma, sulla carta, tutto sembrava funzionare. Ma la realtà, si sa, spesso è diversa dalle aspettative.
Al debutto, la Vespa 400 fece parlare di sé. Presentata al Salone di Parigi, ha attirato l’attenzione della stampa e del pubblico. L’idea di una citycar compatta, con il nome Vespa, piaceva. Ma il successo è durato poco. Il mercato era già affollato e la concorrenza non mancava. Soprattutto, c’era un accordo con FIAT che pesava come un macigno: la nuova 500 doveva avere strada libera in Italia, così la piccola Piaggio venne venduta solo in Francia.
Questo ha limitato le possibilità di crescita. E poi, la distanza dalla fabbrica, la mancanza di una vera rete di assistenza, la diffidenza di chi vedeva Piaggio solo come costruttore di scooter. Tutti elementi che frenarono le vendite. In più, il motore – pur brillante per l’epoca – non convinceva chi cercava prestazioni da auto vera.
Così, dopo quattro anni, il progetto fu accantonato. Oggi, chi la trova in qualche raduno la guarda con curiosità e un pizzico di nostalgia. Perché anche i grandi marchi, ogni tanto, inciampano. Ma senza questi esperimenti, il mondo dei motori sarebbe molto più noioso.