La moto giapponese che nasconde un segreto clamoroso sotto un look familiare: nessuno ci aveva mai pensato
Nel mondo delle moto su misura, c’è chi si accontenta di piccoli dettagli, e chi invece decide di sconvolgere ogni schema. Una certa atmosfera di attesa accompagna progetti così: l’apparenza inganna, perché dalle forme che abbiamo imparato a riconoscere può nascere qualcosa che nessuno si sarebbe aspettato. E qui la vera notizia non è subito in primo piano, ma cresce man mano tra le righe. Protagonista di questa storia è un oggetto unico, realizzato con coraggio e fantasia, capace di trasformare uno dei classici più amati delle due ruote in qualcosa che va oltre la curiosità.
Non si tratta soltanto di un vezzo tecnico o di un esercizio di stile per appassionati incalliti: quello che è successo su una vecchia base nipponica dimostra che la creatività, quando incontra il mestiere, può spingersi davvero lontano. È così che un semplice progetto si trasforma in leggenda tra gli intenditori, pronto a finire sotto i riflettori delle aste più ambite.
Sfida le leggi della meccanica: sette cilindri, un record
Alla base di tutto c’è l’inventiva di Simon Whitelock, già conosciuto per aver dato vita a moto fuori scala. Questa volta ha deciso di rivoluzionare una classica Kawasaki degli anni Settanta, la KH250, partendo dalla sua struttura ma cambiandone completamente l’anima. Niente frasi fatte: qui c’è davvero qualcosa di nuovo. Il suo lavoro ha portato a un risultato che ha del surreale – un motore a sette cilindri in linea, vera e propria rarità nel panorama mondiale delle due ruote.

Nulla è rimasto come prima. Le modifiche sono state totali: il propulsore originale è stato smontato, riassemblato e ampliato per far spazio a ben sette cilindri. Non parliamo di un semplice trapianto, ma di una riprogettazione radicale che porta la potenza su numeri poco comuni per la categoria, superando quota 100 cavalli. Un’enormità per una moto nata in altri tempi e pensata per ben altre andature.
Il telaio, per contenere tutta questa esuberanza, è stato allungato e rinforzato. Serbatoio e sella sono cresciuti di dieci centimetri in larghezza, ma la linea è rimasta fedele all’originale: basta un’occhiata per riconoscere la parentela, seppur con nuovi muscoli. È un’operazione di equilibrismo fra rispetto delle origini e audacia progettuale.
Anche la ciclistica ha subito pesanti ritocchi. Davanti, una forcella più robusta e freni a doppio disco, presi dalla sorella maggiore KH500, tengono a bada cavalli e chili extra. Dietro, Whitelock ha lasciato il freno a tamburo, scelta che qualche dubbio lo lascia, vista la potenza in ballo.
Un altro punto critico: il sistema di alimentazione. Gestire sette carburatori non è un gioco da ragazzi. Il risultato è un impianto sofisticato, ma ancora non perfetto: le perdite di carburante sono una realtà e la messa a punto è continua.
Non è finita. Questa moto oggi si trova in Giappone, protagonista di un’asta dal valore importante: 12 milioni di yen, circa 75.000 euro di partenza. Bisogna aggiungere spese di spedizione, dazi e procedure per portarla in Europa, ma a chi cerca un pezzo unico, poco interessa. Non si compra solo una moto: è come prendersi una scultura meccanica, una testimonianza di fin dove sia possibile arrivare quando passione e tecnica si incontrano senza compromessi.