Una Ducati storica diventa laboratorio per il carburante del futuro: scopri come l’idrogeno riscrive le regole e sorprende per innovazione e potenza.
L’innovazione può fiorire anche partendo da una moto d’epoca. È questo il caso della Ducati 900SS anni ’90 scelta dal Massachusetts Institute of Technology come base per dare vita a un progetto che ha dell’incredibile: una due ruote alimentata a idrogeno, pensata per mostrare dove può arrivare la ricerca quando incontra la tradizione.
Niente commercializzazioni o produzioni di massa in vista, almeno per ora: l’idea è creare una piattaforma di sperimentazione aperta e modulare che possa essere utilizzata da chiunque sia interessato a sviluppare e testare nuove soluzioni, spingendo la conversazione sull’idrogeno ben oltre i laboratori chiusi.
Idrogeno e Ducati: la nuova energia prende forma
L’approccio, in puro stile MIT, è quello dell’“open source”. Tutti i componenti dell’impianto – serbatoio per l’idrogeno, pila a combustibile, motore elettrico, controlli elettronici, sistemi di raffreddamento – sono stati studiati per essere facilmente montati e smontati.

Viene così offerta una base flessibile, replicabile, fatta apposta per essere modificata o migliorata da altri team, sia nell’ambito della formazione sia in chiave industriale.
Usare la Ducati 900SS come tela tecnica non è casuale. Il telaio classico e la ciclistica solida forniscono lo scheletro ideale su cui costruire un sistema capace di rivoluzionare il concetto stesso di moto a zero emissioni.
Il vero salto in avanti è nella scelta dell’idrogeno come fonte di energia, non per la combustione, ma per alimentare una fuel cell, che produce elettricità mescolando idrogeno e ossigeno, lasciando come unica traccia un po’ d’acqua e garantendo tempi di ricarica fulminei rispetto alle batterie tradizionali.
La sfida chiave è stata inserire ogni elemento dentro i limiti fisici di una moto sportiva, senza alterarne l’equilibrio originale. Raccontano dal team che il lavoro più impegnativo è stato proprio questo: gestire gli spazi perché tutto funzionasse insieme, senza intoppi. Un vero esercizio di ingegneria, tra miniaturizzazione e ordine maniacale, dove ogni centimetro conta.
A fare la differenza rispetto alle classiche moto elettriche ci pensa proprio l’idrogeno. Rispetto alle batterie, il sistema è più leggero, ricaricabile quasi all’istante e vanta un impatto ambientale decisamente inferiore, tagliando fuori i problemi legati all’estrazione delle materie prime.
Nel settore auto Toyota e Hyundai stanno già scommettendo forte su questa tecnologia, sulle due ruote il tema è ancora una novità assoluta, anche per la scarsità di stazioni di rifornimento e la complessità di rendere tutto compatto.
L’obiettivo del progetto – spiegano i responsabili – non è portare subito sul mercato questo prototipo, ma dimostrare che una alternativa all’elettrico tradizionale può esistere e funzionare anche in uno spazio minimo.
La speranza è che motori come questo contribuiscano a rendere l’idrogeno una presenza concreta nel mondo dei motori. Del resto, chi avrebbe scommesso che una Ducati d’antan sarebbe diventata la portabandiera del carburante del futuro?