Un ritorno che profuma di polvere e benzina: dal silenzio del box alle pieghe sullo sterrato, il campione riaccende l’istinto e misura il polso dell’inverno con la sua “terapia dell’acceleratore”.
Colpo di scena Marquez, c’è il ritorno
L’inverno del paddock è fatto di sussurri. I capi tecnici contano i dati. I tifosi contano i giorni. In mezzo, c’è l’eco di una domanda semplice: come sta Marc Márquez?
La risposta non arriva da un comunicato. Arriva da un circuito che conosce ogni suo respiro. Il Circuit d’Alcarràs. Prima, però, una cornice chiara. L’otto volte iridato ha chiuso l’autunno con un infortunio. I dettagli cronologici diffusi in rete non sono tutti verificabili in modo indipendente; la sostanza sì: stop, recupero, lavoro silenzioso. Il nono titolo resta un orizzonte possibile, non un fatto acquisito.
La scena cambia a metà racconto
Márquez è tornato in moto. Non una MotoGP, ma una moto da flat track. Sterrato, poco grip, scivolate controllate. Allenamento di trazione, sensibilità e core stability. Al suo fianco c’erano Alex Márquez e il brasiliano Diogo Moreira. Nota per il lettore: a oggi non risultano comunicati ufficiali sul debutto di Moreira in MotoGP nel 2026. Le immagini, invece, sono certe: le ha pubblicate lo stesso Marc su Instagram, parlando di “throttle therapy”.
Perché il flat track conta
Riduce il carico su spalla e gomito, ma allena la reattività. Allena il controllo del derapage in ingresso e uscita curva. Simula la gestione di una moto nervosa alle basse aderenze. È un metodo che ha plasmato generazioni: da Kenny Roberts a Valentino Rossi (basta pensare al Ranch di Tavullia). Non sostituisce la pista, ma la prepara. E soprattutto rimette in moto la testa, prima ancora del cronometro.
Il piano è lineare. Riconquistare ritmo. Allungare i turni. Poi passare alla pista vera. I primi riferimenti, come da prassi recente, arrivano nei test pre-stagionali di Sepang e Lusail. Le date ufficiali cambiano di anno in anno; conviene ricordare che i promoter pubblicano il calendario definitivo a ridosso dell’inverno. Evitiamo quindi di fissare un giorno sul calendario se non confermato.
La variabile tecnica è la Ducati
Márquez ha già mostrato di saperla leggere in ingresso, sporcarla quando serve, tenerla viva nei cambi di direzione. Il pacchetto 2025 è atteso con affinamenti su erogazione e aerodinamica di dettaglio; senza note ufficiali, parliamo di evoluzioni coerenti con i trend 2024. L’asticella competitiva resta altissima: Pecco Bagnaia, Jorge Martín, Enea Bastianini. Aggiungete l’imprevedibilità dei rookie e capirete perché ogni ora di lavoro ora valga doppio.
Ci sono numeri che non ingannano. Più di 80 vittorie complessive in carriera. Oltre 100 podi. Otto titoli mondiali. Insieme raccontano una cosa: se il fisico segue, Marc capitalizza. E il flat track è un tassello di questo ritorno alla pienezza.
Lo confesso: rivedere quelle sgasate sulla terra battuta strappa un sorriso. Non è nostalgia. È la sensazione che lo sport, a volte, torni alle sue radici migliori. Polso, equilibrio, istinto. La “terapia dell’acceleratore” funziona se diventa metodo, non semplice sfogo. Da Alcarràs alla prima bandiera a scacchi il passo è lungo, ma la direzione è quella giusta. E mentre la polvere si posa, resta una domanda leggera e inevitabile: quanta strada serve ancora perché il sogno del nono diventi nuovamente una minaccia concreta per tutti?





