Suzuki e il ritiro dal Mondiale Rally WRC 2009

Suzuki Rally

Continua la lunga lista di aziende motoristiche che cadono sotto il peso di una crisi difficilmente gestibile nel breve termine e che, debilitate, sono costrette a rinunciare alle competizioni e ritirarsi, in attesa di momenti più fruttuosi.
Dopo la Honda e la Ducati, anche la Suzuki paga il suo dazio.

Non lo fa, fortunatamente, nel mondo delle motociclette (come non lo ha fatto la Honda), ma in quello delle due ruote, anche se sono in tanti, ormai, a pensare che la crisi potrebbe ritorcersi anche sulle due ruote.
 
Così, per cercare di arginare le spese e ridurre sensibilmente i costi, Suzuki ha annunciato il suo ritiro dal Mondiale Rally della prossima stagione.
Una decisione sofferta e pesata che getta sconforto anche sul futuro poiché pare che, colpita così duramente la Formula 1 e il Rally, la crisi potrà presto arrivare anche nel settore motociclistico.
Il calo delle vendite non aiuta ad affrontare la crisi e il ritiro dal Rally si è reso, quindi, necessario.
 
Occorre, adesso, pianificare correttamente un futuro difficile.
Tagliare sull’ R&D è una sorta di eresi per i tecnici dagli occhi a mandorla, siano di Suzuki, che di Honda, che di Yamaha, e generalmente un taglio sostanziale degli investimenti destinati alla ricerca e sviluppo vengono vissuti dagli orientali come l’ anticamera dell’ inferno.
 
Quindi, per salvare il futuro remoto, meglio tagliare il futuro prossimo.
Bisogna andare avanti, mettersi da parte per il 2009 e pensare agli anni che verranno e alle tecnologie che, in quel momento, saranno il core business.
Ossia, un motore integrato perfettamente con l’ ambiente.
 
La soluzione migliore di è quindi rivelata quella di risparmiare la cifra destinata ai rally (che potrebbe aggirarsi intorno ai cinquanta milioni di dollari), lasciar perdere le cicale e pensare da formica.
Della stessa opionione anche il prestigioso marchio europeo Subaru che ha fatto sapere di star valutando la possibilità di disputare o meno la prossima stagione rally.
 
C’è da chiedersi quante e quali saranno le prossime vittime di questa crisi

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